Apple rimpatrio negli USA porterà 350 miliardi all’economia

Roma – Sembra proprio che le pressioni di Donald Trump verso le multinazionali, affinché rivedano le loro politiche di delocalizzazione a favore di investimenti negli Stati Uniti, abbiano sortito i loro effetti. Dopo le iniziali contestazioni e attriti diffusi tra la maggior parte delle aziende della Silicon Valley, è giunto il tempo dei tavoli congiunti, fino alle prime adesioni agli inviti rivolti dal presidente in maniera sempre più “convincente”. Anche Apple è stata fin da subito oggetto di avance da parte di Trump. Il presidente a luglio scorso non ha avuto remore nel confermare che Tim Cook avrebbe accettato di fare come richiestoovvero aprire nuovi stabilimenti in territorio americano: “mi ha promesso 3 grandi stabilimenti, molto molto grandi e finché non inizierà a costruirli in questa nazione non potrò considerare la mia amministrazione un successo economico” – furono le parole spese con la stampa.

Apple



È recente l’ufficializzazione di questa netta accelerata negli investimenti volti a favorire tanto il mercato del lavoro che l’economia in territorio statunitense da parte di Apple. In ballo vi sono 350 miliardi di con l’azienda contribuirà all’economia americana nei prossimi 5 anni. I tre assi fondamentali saranno rappresentati da impiego diretto da parte dell’azienda (previsione di 20 mila nuove persone impiegate), spesa e investimenti da parte di Apple su fornitori e produttori (55 miliardi per il 2018), l’impegno nel potenziare la crescente economia delle app in cui Apple grazie ad iPhone e App Store ha partecipato a creare. Un’economia che offre lavoro a 1,6 milioni di lavoratori per 5 miliardi di introiti nel solo 2017 e che si basa su forti collaborazioni con il mondo accademico.Successo che verrà rafforzato attraverso l’apertura di un nuovo campus, in cui saranno assunti ulteriori esperti informatici che forniranno supporto tecnico ai consumatori.  Ma verranno aperti anche nuovi data centere altre strutture di supporto in oltre sette stati center (che come i negozi e gli impianti produttivi saranno alimentati completamente con energia rinnovabile) per un investimento di oltre 10 miliardi di dollari. Sul fronte delle collaborazioni con fornitori americani, si guarda in particolare a quelli insediati in Kentucky e le zone rurali del Texas (ma le strutture coinvolte, oltre 9mila, sono concentrate praticamente ovunque negli Stati Uniti).

“Apple è una storia di successo che potrebbe essere successo solo in America, e siamo orgogliosi di costruire sulla nostra lunga storia di sostegno per l’economia statunitense” – ha affermato Cook, che ha quindi rivisto la sua posizione iniziale, meno propensa a riportare la produzione a casa, aggiungendo: “Crediamo profondamente nel potere dell’ingegno americano e stiamo concentrando i nostri investimenti in aree in cui possiamo avere un impatto diretto sulla creazione di posti di lavoro e sulla preparazione al lavoro. Abbiamo un profondo senso di responsabilità nel restituire al nostro paese e alle persone che contribuiscono a rendere possibile il nostro successo”.

Anche in rimpatrio di parte delle tasse pagate all’estero, come previsto dalla nuova legislazione, sono molto attesi visto che porteranno alle casse dello stato ben 38 miliardi di dollari, riconfermando ancor più Apple, come l’azienda statunitense che paga più tasse. Nonostante rimangono ancora forti i dubbi sull’azione della “filiale” europea con base in Irlanda. Lo stato starebbe continuando a offrire benefici all’azienda, che ricordiamo essere stata tirata in ballo nello scandalo Paradise Papers.

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