Il concetto di banda larga evolve rapidamente e il ritardo iniziale dell’Italia condiziona. Serve un impegno del Governo
Sta montando a livello europeo l’impegno per rendere davvero l’accesso a internet un diritto universale dei cittadini. Un diritto concreto, cioè; non solo teorico, com’è stato finora. Un diritto ossia che gli Stati devono assicurare nella pratica, garantendo che tutti possano avere una connessione internet con una velocità adeguata ai tempi. «Internet acquisisce valore d’interesse pubblico. Tanto che ormai, a mio parere, l’accesso alla banda dovrebbe essere incluso nell’ambito del servizio universale, come richiesto a gran forza dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 24 ottobre 2013», dice Antonio Preto, commissario Agcom (Autorità garante delle comunicazioni), tra i più sensibili a questi aspetti.
Il “servizio universale” finora ha riguardato, in Italia, solo il diritto ad avere una linea telefonica fissa. Telecom Italia è tenuta a portarla ovunque. Per le zone in cui fornisce questo servizio in perdita, viene compensata grazie a un fondo a cui partecipano tutti gli operatori. Ma per internet? «Nonostante le istituzioni dell’Ue e la normativa comunitaria già affermino da tempo il diritto di accesso alla rete a banda larga, in realtà sono soltanto enunciazioni di principio che non trovano applicazione pratica», dice Angelo Alù, di Dirittodiaccesso.eu.
In modo esplicito, l’art. 4, c. 2 della direttiva “servizio universale” del 2002 stabilisce che “la connessione [in postazione fissa alla rete telefonica pubblica] consente agli utenti di effettuare e ricevere comunicazioni di dati, a velocità di trasmissione tale da consentire un accesso efficace a Internet, tenendo conto delle tecnologie prevalenti usate dalla maggioranza degli abbonati e della fattibilità tecnologica”. Il problema è che perché questa norma trovi applicazione pratica, gli Stati devono poi impegnarsi per fare le misure attuative e individuare i fondi necessari. La contraddizione tra la teoria e la pratica sta diventando sempre più scottante, man mano che cresce la velocità necessaria per avere un “accesso efficace a internet”
Ecco perché, «ad aprile la Commissione europea ha pubblicato un avviso per il finanziamento di uno studio sulla “Revisione della portata del servizio universale”», spiega Rossella Lehnus, di Infratel, società in-house del ministero dello Sviluppo economico che fa i bandi per portare la banda larga nelle zone non raggiunte dai piani degli operatori.
L’Italia, attraverso Infratel, in sede europea sta sostenendo l’idea che per la banda larga non ha senso utilizzare il vecchio modello del servizio universale, basato su un fondo costituito da tutti gli operatori. «Piuttosto, proponiamo il modello Infratel dei piani banda larga e banda ultra larga, già approvati dalla Commissione europea», dice Lehnus. Ossia: fondi pubblici che incentivino gli operatori a coprire le zone dove non andrebbero mai con le proprie forze. L’operatore che vince il bando deve mettere almeno il 30 per cento dell’investimento necessario; il resto viene dal pubblico (fondi nazionali ed europei).
La copertura banda larga italiana è nella media europea e sarà totale entro l’anno prossimo (eccetto 200mila case circa che accederanno a internet solo via satellite, forse con incentivi pubblici per l’acquisto della parabola). Problema: il concetto di “accesso efficace” cambia in fretta e presto equivarrà ad avere i 30 megabit. Su questo siamo in forte ritardo. Solo il 18 per cento degli italiani ora ne è coperto; la media europea nel 2012 già era al 54 per cento (secondo gli ultimi dati disponibili dalla Commissione europea). Se si analizzano i dati europei, si scopre che il motivo principale dei ritardi italiani è l’assenza di una rete via cavo. Questa tecnologia infatti fa il grosso della copertura ad almeno 30 Megabit in Europa (pari al 39,4 per cento della popolazione, in media).
Un altro fattore è che gli investimenti in fibra ottica sono restati fermi per dieci anni, in Italia, e si sono sbloccati solo nel 2013. «Il risultato è che in Italia servono molti più fondi pubblici, rispetto ad altri Paesi, per fornire a tutti i 30 Megabit: 2,5 miliardi di euro. E ce ne vogliono 7 miliardi per dare i 100 Megabit al 50 per cento della popolazione», riassume Lehnus.
Tutti i Paesi hanno piani nazionali per portare internet a banda ultra larga a tutta la popolazione. Ma in Italia sarà una sfida davvero complicata raggiungere l’obiettivo, per via del ritardo di partenza. Solo un forte impegno del Governo, nello stanziare i fondi necessari, potrà rimetterci in carreggiata. E assicurare a tutti un diritto all’accesso internet che sia adeguato ai tempi.