Russiagate, indagano tutti i big dell’IT

Roma – Dopo il coinvolgimento di Facebooke Twitter, ora tocca a Google sondare i propri sistemi alla caccia di possibili interferenze della Russia nelle elezioni presidenziali del 2016. L’indagine di Mountain View è ancora alle prime fasi ma sono già spuntate le prime prove, dicono le fonti, che Mosca ha effettivamente acquistato pacchetti di advertising allo scopo di danneggiare la campagna di Hillary Clinton.

Google è attualmente impegnata nel tentativo di separare i troll dalle fonti russe “legittime”, e nella seconda categoria già ricadrebbero investimenti per decine di migliaia di dollari di ad acquistati su YouTube, Gmail e il motore di ricerca Web di Mountain View.

La policy di Google sull’uso dell’advertising è pensata per limitare le iniziative di tiro al bersaglio politico oltre che le discriminazioni basate sulla razza o la religione, ha spiegato la corporation, e l’indagine “approfondita” tuttora in corso verrà condotta con la piena collaborazione con i ricercatori e le altre aziende di settore nel tentativo di smascherare pienamente chi ha provato ad abusare del sistema.Tra i messaggi anti-democratici pagati direttamente dal Cremlino ci sarebbero anche i video di YouTuber afroamericani abituati ad “esprimersi” a ritmo di rap, e in questo caso l’odio per Hillary Clinton non potrebbe essere più evidente tra insulti, apprezzamenti per Trump che sarebbe meglio della concorrente perché “lui è un businessman non un politico” ma anche inviti a votare per Bernie Sanders.

Le novità sugli ad anti-Democratici arrivano poi anche dal fronte dei social network, con Facebook che denuncia di aver scovato parte dei banner tossici anche sulle pagine di Instagram. La corporation è attesa, assieme a Twitter, in un’audizione presso il Congresso statunitense in merito alla faccenda del Russiagate.

Un altro colosso telematico che ha avviato un’analisi approfondita dei propri network è infine Microsoft, che ha deciso di seguire l’esempio delle aziende concorrenti spulciando tra i log di Bing (e non solo) per scovare eventuali comportamenti sospetti.

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