C’è solo una cosa peggio di un piccolo influencer: un falso influencer. Ma ora a volerli combattere è quello che Reuters identifica come il secondo maggior investitore pubblicitario al mondo: Unilever. Cosa succede se il mondo dell’advertising inizia a fare pulizia, separando i buoni dai cattivi e, soprattutto, i veri influencer dai falsi influencer? Probabilmente succederà qualcosa di positivo (sebbene il giudizio sia necessariamente soggettivo), e sicuramente si sarà ridotto il rumore di fondo di un comparto che necessita sicuramente di fare ordine al proprio interno.
Unilever lancia la stoccata per voce di Keith Weed, Chief Marketing Officer del gruppo, il quale lancia la battaglia a testa alta. L’attacco non è contro gli influencer di per sé stessi, anzi: quel che Unilever intende fare è rimuovere le mele marce dal cesto prima che intacchino tutto il resto. Quel che Unilever intende fare è salvare i veri influencer dalla logica svalutazione a cui portano le performance e l’inquinamento indotto dai falsi.
Ma chi sono i falsi influencer? Perché se nel comparto tutti più o meno hanno idea di cosa si intenda per “falso”, nei fatti la cosa complessa è pesare i numeri per arrivare a standard migliori per tutti. Quel che Unilever intende fare è certificare i follower, quindi, riuscendo a fare la tara agli account per capire quali siano i bot, quali i follower fasulli, quali gli schemi preordinati per gonfiare reciprocamente i numeri in cerca di migliori vetrine.Che di influencer fasulli ce ne siano ormai troppi è cosa chiara e conclamata che gli stessi advertiser si scrollerebbero volentieri di torno. Le dinamiche portano però a premiare anche questi attori posticci del marketing sui social media, regalando loro budget immeritati grazie alla legge dei grandi numeri: tanti follower, tanti contratti.
L’industria degli influencer
Se un tempo tutti volevano essere calciatori e principesse, oggi tutti vogliono essere influencer (e Youtuber): facili testimonial di brand disposti a pagare per ottenere like ed engagement. Il mondo degli influencer vive però in una ampia zona grigia nella quale troppa confusione è montata nel frattempo. La carente trasparenza di certe dinamiche (dai follower gonfiati alle campagne non dichiarate) ha reso complessa una lettura uniforme del contesto e, mentre tutti sanno probabilmente riconoscere e pesare una Chiara Ferragni, molto più complesso è capire tutta quella immensa bolla intermedia di nicchie più o meno grandi, più o meno farlocche, più o meno verticali, più o meno capaci. Laddove è difficile misurare, però, altrettanto difficile è investire.
Unilever, sebbene non abbia spiegato come e quando, lancia la sfida a questo grande mondo di mezzo: non si discute Chiara Ferragni né si discute Kim Kardashan; al tempo stesso non sono in discussione i piccoli attori del mercato, che smuovono piccole cifre – e se di schemi si son nutriti per gonfiare i propri follower, i risultati ottenuti sono comunque modesti. Nel mirino c’è sicuramente quel grande schema di chi cerca di vendere un’influenza che non ha, una community di cui non discone, un’immagine che non c’è se non di facciata. L’industria degli influencer potrebbe veder lievitato il proprio fatturato nei prossimi anni, anche grazie all’imporsi dei social media ed alla parallela caduta dei medium tradizionali, ma per intraprendere questa strada servono trasparenza e standardizzazione. E Unilever è disposta a mettersi in gioco pur di raggiungere questo obiettivo.
Come? Non si sa. Ancora una volta si metterà in campo l’Intelligenza Artificiale per creare uno scandaglio dei follower, analizzando profondità e verità del rapporto? L’influenza può essere misurata o quantomeno definita se non attraverso misurazioni “un tanto al Kg”? Ancora non si conoscono gli strumenti, ma l’obiettivo è chiaro. E se Unilever promette di mettere risorse sul piatto, anche solo promettendo i propri budget, allora gli ingredienti per un’evoluzione del settore ci sono tutti.
Fuori i falsi, insomma, a beneficio dei veri influencer. Il mondo dei para-influencer lasci spazio a chi, per leadership o per competenza, ha davvero saputo conquistarsi spazi. A quel punto Unilever sarà ben disposto ad investire e nel frattempo è pronta a far cadere la mannaia sui numeri.