Tech Italy Advocates: startup, l’Italia che ci crede

Tech Italy Advocates: un meritevole principio racchiuso in tre parole e negli sguardi di coloro i quali nella serata di ieri hanno partecipato all’evento di lancio dell’iniziativa. Tutto nasce da Enrico Noseda e Anders Nilsson, dai quali l’iniziativa prende piede alla ricerca di ampio supporto. Perché questa dovrà essere la forza del movimento: la partecipazione, il networking, la community. Con uno scopo preciso di fronte: aiutare l’ecosistema italiano delle startup ad emergere ed a esprimere appieno un potenziale oggi in larga parte inespresso.Tech Italy Advocates altro non è se non la decima emanazione della Global Tech Advocatesfondata da Russ Shaw (anch’esso presente al lancio milanese della divisione italiana). Tutti coloro i quali collaboreranno all’iniziativa lo faranno come sponsor, partner o collaboratori che danno il proprio contributo a titolo gratuito. Il valore non emergerà dall’offerta di un servizio, ma dalla creazione di un ecosistema più forte e più sano dal quale può trarne beneficio l’intero sistema paese.

E forse il problema principale emerso durante la presentazione è proprio in questa parola: “paese”. Una struttura campanilistica sulla quale l’Italia è stata formattata nei secoli e dalla quale ora fatica a liberarsi nel momento in cui ha la possibilità di scalare per creare valore ad una dimensione superiore. Dentro la propria dimensione locale l’Italia ha saputo infatti creare grandi talenti e grande creatività, coltivando da sempre una forte cultura tanto umanistica quanto scientifica, ma al tempo stesso ha spesso sterilizzato le proprie possibilità nella limitata ricerca di una affermazione locale. All’interno di un mondo globalizzato, però, soltanto il superamento dei confini può consentire la vera nascita degli “unicorni”: solo le startup che sanno davvero guardare alla dimensione globale potranno trovare le risorse necessarie per potersi imporre.

Presentazione Tech Italy Advocates



Limiti e opportunità per le startup italiane



I limiti contro i quali l’Italia deve scontrarsi sono anzitutto la mancanza di Venture Capital di una certa dimensione e la carenza di una visione globale: in quest’ultimo caso la proiezione locale e l’ostacolo linguistico sono in molti casi quanto sufficiente per tracciare una linea oltre la quale il proprio nome e le proprie idee non hanno la possibilità di presentarsi, e quindi di essere apprezzate, e quindi di poter attrarre capitali. Emil Abirascid, alla guida di Startupbusiness, in occasione della presentazione della Tech Italy Advocates è chiaro in tal senso: si investe in aziende e non in nazioni, quindi il problema italiano non è l’Italia in sé: il problema è anzitutto nell’incapacità degli imprenditori italiani di costruire una ambizione globale che proietti le proprie aziende laddove possano ottenere il maggior vantaggio competitivo. Anche spostare la sede potrebbe essere una soluzione, quando necessario, purché nessun vincolo rallenti la crescita. 

Davide Dattoli, fondatore di Talent Garden, chiede infatti velocità d’azione alle startup nazionali e maggior pulsione al networking internazionale: occorre far rete, nutrirsi di idee altrui e proporre le proprie, unire e contaminare, essere parte di un ecosistema globale.

Essere parte di un ecosistema globale: esattamente lo scopo della Tech Italy Advocates il cui ruolo sarà non soltanto quello di favorire un miglioramento delle dinamiche interne all’ecosistema nazionale delle startup, ma anche quello di una maggior connessione dell’ecosistema italiano a quello internazionale. Perché lì ci sono i mercati, i capitali e le opportunità per fare della startup una azienda di livello assoluto.

L’iniziativa nasce in Italia con il supporto di Cariplo Factory. La convinzione è quella per cui l’Italia sia un crogiuolo di buone idee e grandi talenti, ma che tutto sia racchiuso all’interno di una dimensione (più culturale che altro) limitata. Da “good” a “great”, quindi: il futuro delle startup italiane non può che essere estremamente florido. 

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